Durante la stagione invernale sono diversi i fenomeni meteorologici che hanno a che fare con il ghiaccio, complici le temperature rigide e spesso prossime o inferiori agli zero gradi. Nonostante però tutti questi abbiano tra di loro il ghiaccio come caratteristica comune, differiscono per le metodologie di formazione e per il risultato finale, sia come forma che come effetti sul territorio. Questo articolo è stato pensato per fare chiarezza e farvi capire, nel modo più semplice possibile, le differenze e le similitudini.

Iniziamo con i fenomeni più comuni e, per fortuna, meno pericolosi o del tutto innocui. Partiremo dalla definizione che potreste trovare anche sul dizionario per spiegarvi poi come e quando il fenomeno ha luogo.

Brina: fenomeno atmosferico che si presenta sotto forma di minutissimi granellini di ghiaccio o anche di aghetti semitrasparenti, dovuta a trasformazione in ghiaccio del vapore acqueo o della rugiada, già formatasi sugli oggetti esposti all’irraggiamento termico notturno, in seguito a raffreddamento al di sotto di 0 °C. Requisiti fondamentali per la formazione della brina nelle fredde e serene notti invernali sono le temperature sotto zero ed un buon grado di umidità nell’aria, altrimenti in assenza della seconda è difficile che ci sia la giusta quantità di vapore acqueo che si possa ghiacciare. Avrete infatti notato voi stessi come dopo un episodio di Foehn nonostante le temperature rigide al mattino non ci siano tracce di brina mentre in altre giornate più umide bastino temperature meno rigide per ricoprire le superfici più fredde di piccoli cristalli di ghiaccio.

Gelata: Freddo intenso con temperatura intorno a 0 °C, soprattutto in quanto sopraggiunga improvviso, e con riferimento agli effetti dannosi sulla vegetazione. Con sign. più specifico, formazione di acqua allo stato solido (ghiaccio) sulla superficie terrestre: g. notturna, quella che si verifica quando la temperatura dell’aria è di poco superiore a 0 °C. Nel 90% dei casi è sinonimo di brinata, in quanto indica gli effetti di incursioni di aria fredda (eventualmente anche fuori stagione). Con questo termine ci si può tuttavia riferire al ghiacciamento di superfici umide o di specchi d’acqua a causa delle temperature rigide, a prescindere che sia o meno presente la brina.

Galaverna: Brina o nebbia che, nelle notti umide e di freddo intenso, si cristallizza sui rami e le foglie degli alberi, sui fili telegrafici e sim., formandovi come un rivestimento di ghiaccio o di neve. Dagli effetti simili alla brina, la galaverna richiede però la presenza della nebbia e di temperature estremamente rigide. In questo modo le particelle d’acqua si cristallizzano su tutte le superfici con cui entrano in contatto, creando un piccolo accumulo simile a neve, e spesso la trasformazione avviene anche in sospensione creando come una sorta di nevischio.

Questi elencati finora sono spesso visibili nelle nostre zone nella stagione invernale e sono pressochè innocui, tranne per quanto riguarda le gelate tardive che in primavera possono danneggare la vegetazione ed i raccolti. Il prossimo fenomeno meteorologico legato al ghiacchio è più raro per quanto ci riguarda ma è davvero molto pericoloso sia per la circolazione, sia per le strutture che per la vegetazione.

Gelicidio: Raro fenomeno meteorologico per cui l’acqua piovana cade soprafusa a temperatura minore di 0 °C e si congela rapidamente a contatto degli oggetti (piante, suolo ecc.), ricoprendoli di uno strato di ghiaccio liscio e limpido, dannosissimo per la vita vegetale. Iniziamo con l’etimologia di questo termine che può trarre facilmente in inganno. Il significato deriva infatti dal latino gelicidium, composto di gelu “gelo” e del tema di cadĕre “cadere”. Letteralmente sarebbe qualcosa di simile a “ghiaccio che cade”, nulla a che vedere con il suffisso -cidium che significa uccisione! Perchè il gelicidio possa avere luogo c’è assoluto bisogno di precipitazioni, a differenza di tutti i fenomeni elencati prima che accadono invece per lo più a cielo sereno. Vi proponiamo uno schema per aiutarvi a comprendere quanto vi spiegheremo.

Come già accennato, una delle componenti principali che concorrono al fenomeno del gelicidio sono le precipitazioni. Gli altri due fattori necessari sono la presenza di una sacca di aria fredda (sotto lo zero) nei pressi del suolo ed uno strato di aria calda (sopra lo zero) in quota. Se guardate nella figura qui sopra, alla voce freezing rain (ovvero pioggia congelante), potete vedere come le precipitazioni inizialmente nevose incontrino sulla loro strada uno strato di aria più calda che non permette al fiocco di neve di mantenere le sue caratteristiche solide. La conseguenza è ovvia, da una precipitazione nevosa si passa alla pioggia senza che questa possa tornare allo stato solido (voce sleet nella figura, ovvero cristalli di ghiaccio ma non più fiocchi). Qui entra in gioco l’ultimo fattore, ovvero l’aria fredda con temperature sotto zero presente al suolo. La precipitazione raggiunge quindi il suolo sotto forma liquida ma ghiaccia immediatamente al contatto con tutte le superfici a causa della temperatura negativa. Lo strato di ghiaccio ricopre quindi come una glassa tutto quello su cui la pioggia riesce a cadere, dalle strade agli alberi, alle case, ai pali della corrente elettrica e via dicendo. E più la precipitazione continua più lo strato cresce e si appesantisce, rischiando di spezzare e rompere le superfici più fragili. Questo fenomeno meteorologico risulta dunque molto pericoloso sia per la viabilità sia per le strutture ma soprattutto per la vegetazione che non riesce a sopportare il peso del ghiaccio.

Le foto che seguono sono tutte riferite al peggioramento appena passato, 10/11 Dicembre 2017, e sono state scattate tra l’alessandrino, il cuneese e la Liguria.